La spalla congelata, detta anche capsulite adesiva è una patologia infiammatoria particolarmente dolorosa, che con il passare del tempo, se non trattata adeguatamente, può limitare i movimenti portando ad una rigidità totale in breve tempo. Sono le donne a soffrire maggiormente di questa patologia e il range d’età può variare dai 35 e i 60 anni.

La capsulite adesiva, agisce sulla capsula che avvolge la spalla ingrossando e cicatrizzando i tessuti che la compongono. Questo inspessimento sviluppa delle bande di tessuto (denominate aderenze), che non permettono di far scorrere agevolmente il fluido sinoviale.

Quando un soggetto sviluppa questa patologia, perde la capacità di compiere tutti i movimenti che normalmente sono consentiti. Infatti, questa sintomatologia si distingue dal fatto che il soggetto colpito non riesce a muovere l’articolazione né da solo né con l’aiuto di qualcun altro.

La spalla congelataQuali sono i sintomi?

La patologia della spalla congelata, è caratterizzata da tre fasi:

  • Fase 1 “Raffreddamento” La prima fase, è caratterizzata dalla perdita progressiva del movimento dell’articolazione e il dolore si acutizza. Con il tempo il soggetto limita sempre di più il movimento e questo comporta un peggioramento della mobilità. Di norma ha una durata di tre/quattro mesi.
  • Fase 2 “Congelamento” La seconda fase, comporta un aumento della rigidità ma allo stesso tempo il dolore tende a diminuire. Di norma ha una durata di quattro/sei mesi.
  • Fase 3 “Scongelamento” La terza e ultima fase, è quella del miglioramento. In questa fase si nota un graduale miglioramento della sintomatologia e comporta un recupero, totale o parziale del movimento e del graduale ritorno alla normalità. Di norma questa fase può avere una durata di uno/tre anni.

Le cause che portano a soffrire di questa patologia sono ancora in via di accertamento, perché non c’è una causa apparente. Ci sono dei fattori di rischio che portano a predisporre il soggetto a questa patologia. Questi fattori possono essere indentificati:

  • Sesso: la spalla congelata colpisce per la maggior parte le donne;
  • Età: tale patologia insorge in un range d’età tra i 35 ed i 60 anni;
  • Malattie croniche e degenerative: malattie come il morbo di Parkinson, diabete, disfunzioni tiroidee, artrite ecc. possono essere messe in relazione con l’insorgere della capsulite adesiva;
  • Pregresse lesioni o immobilità alla spalla: soggetti che hanno subito interventi o traumi all’articolazione e di conseguenza hanno subito un’immobilità di lungo periodo, possono soffrire di questa patologia.

I sintomi di una spalla congelata possono far diagnosticare il problema prematuramente, per questo motivo quando si comincia a notare una limitazione funzionale associata a dolore nel movimento bisogna rivolgersi a un medico fisiatra per una diagnosi prematura. Ma vediamo nello specifico quali sono i sintomi da valutare con attenzione:

  • Limitazione nel movimento;
  • Dolore alla spalla, caratterizzato da un dolore acuto e piuttosto intenso;
  • Dolore nello svolgimento dei normali gesti quotidiani come pettinarsi, radersi, prendere oggetti al di sopra della testa, allacciarsi il reggiseno;
  • Dolore notturno, impossibilità di dormire nel lato dolente.

La cura della spalla congelata comincia con una diagnosi medica. Appena si notano delle problematiche riconducibili a quelle elencate sopra, bisogna subito far riferimento ad un medico, in questo caso può essere il fisiatra o l’ortopedico. A seguito della visita e di una diagnosi, dettata anche da eventuali esami strumentali come ad esempio la risonanza magnetica o un esame ecografico, si può cominciare la fisioterapia e la riabilitazione.

La fisioterapia deve essere affidata ad un fisioterapista, il quale lavorerà per il recupero funzionale dell’articolazione e di conseguenza della mobilità. Una riabilitazione precoce permette di evitare che l’articolazione si irrigidisca ulteriormente. Oltre che alla terapia manuale, si possono associare delle terapie fisiche che permettono di accelerare i tempi di guarigione. Può essere associata ad esempi la tecarterapia, laserterapia, ultrasuoni o tens. Oppure in determinati casi si può procedere con le onde d’urto.

Con la comparsa della sintomatologia, e durante il periodo delle terapie è consigliato evitare movimenti che interessano la parte, evitando sollevamento di carichi o movimenti che sollecitano l’articolazione. Tendenzialmente la fase 2 è meno sensibile ai trattamenti e di conseguenza porta ad una persistenza del dolore e della limitata mobilità. Per questo il paziente non deve demoralizzarsi, ma continuare con gli esercizi imparati dal fisioterapista al proprio domicilio e proseguire con le terapie consigliate.

Per ulteriori informazioni:

Per ulteriori informazioni potete contattare lo 0434 521127 o inviare una mail a info@fisioterapiabusetto.it